Così afferma il bioingegnere francese Jerome Bonnet, che lavora all’Università di Standford ad un progetto di ricerca sul funzionamento delle cellule e sul suo possibile utilizzo. “I Computer Viventi, cioè fatti di cellule, sono un obiettivo realistico” ha affermato alla stampa ”Le cellule gia’ possono essere paragonate a computer perche’ analizzano l’ambiente e prendono decisioni”.
Poco tempo addietro, fu realizzato infatti il primo circuito funzionante a base di Dna, che può essere definito un vero e proprio Transistor Biologico. A differenza dei normali transistor, questo non controllerebbe il flusso di elettroni, ma invece un tipo di proteina chiamata Rna polimerasi. Due geni hanno il compito di codificare il flusso della proteina in entrata, mentre un gene codifica il flusso in uscita dallo
strumento. “Esistono enzimi che sono in grado di tagliare frammenti di Dna e invertirli: uno di queste è l’integrasi” ci spiega l’italiana Anna Tramontano, biochimica all’università della Sapienza di Roma. Questo transistor a DNA funziona come una semplice porta logica basata sul Boolean, ovvero dove 0 e 1 corrispondono a Vero e Falso, dove con Vero la porta si apre, viceversa con Falso si chiude. “Si riesce a far eseguire alla cellula operazioni con una logica booleana, che è alla base dei computer, e si riesce ad amplificare il segnale” aggiunge Tramontano, entusiasta dell’interessante risultato.
Questa semplice porta logica non crea di per se un Computer Vivente, ma potrebbe lanciare una nuova era sullo studio futuro verso questa direzione. Il limite tra scienza e fantascienza si assottiglia ancora una volta.