Il 3 maggio scorso una macchia solare è ‘brillata’ e il telescopio SDO ne ha catturato il momento. Sono eventi piuttosto comuni per le stelle, in quanto si tratta di esplosioni che si producono in uno strato chiamato fotosfera, ovvero la superficie visibile (che può raggiungere fino a 8000 °C in prossimità di queste macchie). In questi punti il campo magnetico si contorce fino a spezzarsi per poi ricomporsi, dando vita a un’escresenza solare debole ma magnifica.
CLASSIFICAZIONE DEI BRILLAMENTI
L’energia rilasciata ha una potenza pari a miliardi di tonnellate di tritolo e fuoriesce sotto forma di raggi gamma, raggi x, particelle di elettroni e protoni. Questi fenomeni vengono catalogati in classi basandosi sull’intensità. La classe M, ad esempio, indica eventi di media forza e sono i più deboli tra quelli che possono avere un impatto sul nostro pianeta. La classe di maggiore potenza è la X la quale, se puntata verso la terra, può costituire una seria minaccia per le nostre astronavi e l’equipaggio, oltre che interferire con le comunicazioni , i segnali GPS ed eventuali blackout radiofonici.
Secondo gli esperti la nostra stella dovrebbe cessare il suo ciclo (che dura da 11 anni) per la fine di quest’anno, passando poi ad un altrettanto lungo ciclo di attività minima. La lunghezza di questi periodi si aggira sempre attorno ai 10-12 anni. Fortunatamente queste esplosioni (chiamate tecnicamente coronal mass ejections, emissioni di massa coronale) non sono mai così grandi da influenzarci eccessivamente. L’ultimo evento degno di nota fu nel 1859, quando le aurore boreali potevano essere osservate persino dagli Stati Uniti e dall’Europa, il sistema del telegrafo andò completamente in tilt.
Segue una riproduzione del brillamento del 3 maggio 2013, grazie alla relizzazione di Phil Plait, le tre ore di attività sono state racchiuse in appena 19 spettacolari secondi.
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