E’ questa la conclusione tratta dal professore di psicologia Newyorkese Adam Alter, che ha da poco presentato un libro riguardante proprio questo argomento.
Le sue analisi partono dagli effetti dell’illusione di Müller-Lyer, nel quale vi sono due linee orizzontali di uguale lunghezza, ma di cui la seconda (almeno per gli occidentali e i sud-africani) sembra più corta rispetto all’altra. Perchè? eppure fino agli anni ’60 gli studiosi consideravano normale che l’osservatore considerasse la linea superiore, cioè quella con le frecce rivolte verso l’interno, più lunga rispetto a quella inferiore. La motivazioe sembrerebbe ricadere sulle abitudini culturali dei vari popoli. Per lo studio sono stati presi in considerazione europei, americani, suddafricani, tribù africane, Soku dell’Angola e Bete della Costa d’Avorio.
IL RISULTATO
Gli europei, gli americani ed i bianchi sud-africani vengono quasi interamente ingannati dall’illusione ottica, le tribù africani vedono le due linee per quello che sono, e cioè di lunghezza uguale. Mentre i Soku e i Bete giudicano la linea con le frecce verso l’esterno più lunga rispetto all’altra. Perchè questa differenza di visione? la differenza dipenderebbe sostanzialmente dal cervello, più precisamente al retaggio culturale, che incide sulle abitudini di pensiero e di visione della vita. La nostra civiltà, così come quella americana e sud-africana, tende a cercare angoli di 90° anche in figure bidimensionali, essendo noi abituati a vivere in un ambiente squadrato (case, palazzi, tavoli, sedie, televisori, quaderni, ecc ecc…), mentre invece le tribù africane sembra essere “immuni” a questo problema, dato che gran parte delle loro capanne è di forma circolare e la natura non presenta forme così precise quanto quelle artificiali. Si tratta quindi di abitudine alle geometrie, che ci porterebbe di conseguenza all’inganno percettivo. E perchè invece i Soku e i Bete la vedono in modo ancora diverso? beh, leggete il libro!
Ma gli studi non si sono ancora fermati. Infatti è stato programmato un computer per essere in grado di imitare quasi perfettamente lo schema percettivo di un umano. Anch’esso, difatti, viene ingannato dall’illusione di Müller-Lyer! «Il fatto che una macchina abbia fallito il test di Müller-Lyer non è sufficiente per smentire l’approccio culturale alla percezione visiva, ma sicuramente introduce un aspetto del quale tenere conto e sul quale serviranno ulteriori studi.» dice tuttavia il prof. Alter.
Staremo a vedere.
Anche in base all’età dell’utente che osserva l’immagine.